Nella capitale della Mongolia Ulan Bator, d’inverno non è raro che la temperatura scenda a meno 40 gradi. Per proteggersi dal freddo, gli abitanti delle baraccopoli accendono stufe a carbone di legna, che però inquinano fortemente l’aria.
Nel 2016 Ulan Bator è stata la città con il peggior inquinamento atmosferico e ha così battuto metropoli come Nuova Delhi e Pechino. In gennaio 2018 si sono misurati valori che hanno superato di 133 volte i limiti di sicurezza fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità. La colpa viene attribuita all’inversione termica, che in inverno trattiene il fumo nell’aria della città invece di lasciare che si dissipi nell’atmosfera.

Siccome l’inquinamento dell’aria è dannoso soprattutto per i bambini sotto i cinque anni e per le donne incinte, il governo ha deciso di mandare mamme e bambini in campi di vacanza nella natura, qualora si dovessero di nuovo misurare tassi così alti. L’offerta è pensata per 45'000 donne e 65'000 bambini. Secondo l’UNICEF la polmonite è la causa di decesso più frequente per i minori di cinque anni. Circa la metà dei decessi dovuti a polmoniti possono essere ricondotti direttamente all’inquinamento dell’aria.
È poi nata una nuova industria che sta avendo un grande successo: l’ossigeno in scatola. Benché l’OMS abbia riaffermato che non esistono prove secondo le quali simili prodotti abbiano effetti benefici, gli imprenditori sfruttano la paura della popolazione. Nella pubblicità si asserisce che un cocktail di ossigeno equivalga a una passeggiata di tre ore nel bosco.
Sono quindi stati creati apparecchi che assomigliano a macchine del caffè e che tramite un beccuccio ossigenano succhi di frutta, trasformandoli in cocktail all’ossigeno venduti al prezzo di poco meno di un franco. Questi cocktail vengono comprati soprattutto da donne incinte o con bambini, che acquistano anche depuratori per l’aria e tisane che apparentemente purificano i polmoni. Ma stando all’OMS l’unica vera soluzione al problema sarebbe una riduzione delle emissioni nocive.